TFR dipendenti pubblici: pronuncia della Corte Costituzionale Corte Costituzionale, sentenza n. 213 del 22 novembre 2018

 

Per la Corte Costituzionale la trattenuta in questione è legittima. La decurtazione della retribuzione lorda ai fini fiscali si prefiggerebbe di evitare disparità di trattamento tra lavoratori in regime di TFS e lavoratori in regime di TFR. Peraltro, il regime TFR si rivelerebbe più vantaggioso rispetto al regime TFS. Il Tfr, infatti, si incrementerebbe con un tasso superiore all’inflazione e la decurtazione della retribuzione lorda sarebbe poi recuperata in aumento ai fini previdenziali.
Dunque, la decurtazione della retribuzione non si atteggerebbe come un contributo previdenziale obbligatorio, ma sarebbe l’unico strumento atto a evitare un indebito vantaggio per il personale in regime di TFR. Ciò garantirebbe il principio dell’invarianza della retribuzione, riconducendo a eguaglianza i regimi retributivi e contributivi e scongiurando nuovi oneri a carico del bilancio statale.
Difatti, senza la decurtazione si determinerebbe un aumento della retribuzione lorda ai fini fiscali e, in pari tempo, della retribuzione netta. Ciò produrrebbe una disparità di trattamento economico fra dipendenti aventi la stessa retribuzione complessiva, in contrasto con il principio di parità di trattamento contrattuale e retributivo dei lavoratori delle P.A. che svolgano eguali mansioni.
La decurtazione, tra l’altro, sarebbe recuperata in virtù di un incremento figurativo ai fini previdenziali e del calcolo del Tfr, meccanismo correttivo finalizzato a evitare pregiudizi ai dipendenti in regime di TFR.
In definitiva, è legittimo per la Corte Costituzionale trattenere ai dipendenti della P.A. il 2,5% dell’80% della retribuzione. La posizione della Corte, inoltre, non è neanche in violazione con il diritto a una retribuzione sufficiente e proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro prestato (art. 36 Cost.).
Corte Costituzionale, sentenza n. 213 del 22 novembre 2018

Legge 104. permessi, congedo straordinario e giorni spettanti per il part-time. La nuova circolare Inps 3114 del 7 agosto 2018 l’Inps ha fornito chiarimenti sulla fruizione dei permessi e congedi straordinari relativi alla legge 104/1992.

1. Modalità di fruizione dei giorni di permesso di cui all’articolo 33, commi 3 e 6, della legge n. 104/92 in corrispondenza di turni di lavoro articolati a cavallo di due giorni solari e/o durante giornate festive.
Per “lavoro a turni” si intende, quindi, ogni forma di organizzazione dell’orario di lavoro, diversa dal normale “lavoro giornaliero”, in cui l’orario operativo dell’azienda può andare a coprire l’intero arco delle 24 ore e la totalità dei giorni settimanali.
Tale modalità organizzativa, pertanto, può comprendere anche il lavoro notturno e il lavoro prestato durante le giornate festive (compresa la domenica).
Al riguardo, si evidenzia che l’articolo 33, comma 3, della legge n. 104/1992 prevede la fruizione dei permessi mensili retribuiti “a giornata”, indipendentemente, cioè, dall’articolazione della prestazione lavorativa nell’arco delle 24 ore o della settimana e dal numero di ore che il dipendente avrebbe dovuto concretamente effettuare nel giorno di interesse.
Ne deriva che il beneficio in argomento può essere fruito anche in corrispondenza di un turno di lavoro da effettuare nella giornata di domenica.
Lo stesso principio si applica anche al lavoro notturno.
Si precisa infatti che, sebbene il lavoro notturno si svolga a cavallo di due giorni solari, la prestazione resta riferita ad un unico turno di lavoro in cui si articola l’organizzazione.
Ne consegue che il permesso fruito in corrispondenza dell’intero turno di lavoro va considerato pari ad un solo giorno di permesso anche nel caso in cui si articoli a cavallo di due giorni solari.

2. Riproporzionamento giornaliero dei permessi di cui all’articolo33, commi 3 e 6,della legge n. 104/92 in caso di rapporto di lavoro part-time.
Il D.lgs n. 81/2015 ribadisce il principio per cui tra tra lavoratori a tempo pieno e lavoratori a tempo parziale non vi è differenza e che “il
lavoratore a tempo parziale ha i medesimi diritti di un lavoratore a tempo pieno comparabile ed il suo trattamento economico e normativo è riproporzionato in ragione della ridotta entità della prestazione lavorativa” (art. 7).
Lo stesso D.lgs n. 81/2015, inoltre, ha introdotto la possibilità di pattuire, nell’ambito dei contratti di lavoro part-time, specifiche clausole elastiche, rendendo più flessibile la collocazione temporale e la durata della prestazione lavorativa (art. 6).
Di seguito, la formula di calcolo da applicare ai fini del riproporzionamento dei 3 giorni di permesso mensile ai casi di part-time verticale e part-time misto con attività lavorativa limitata ad alcuni giorni del mese:

orario settimanale part-time diviso orario settimanale full-time, moltiplicato per i teorici 3 giorni di permesso, arrotondato per eccesso o difetto a seconda
che la frazione sia fino allo 0,50 o superiore.

Esempio: Lavoratore in part-time con orario medio settimanale pari a 18 ore presso un’azienda che applica un orario di lavoro medio settimanale a tempo pieno pari a 38 ore.
Applicando la formula sopra enunciata, il calcolo sarà il seguente:
(18/38) X 3= 1,42 che arrotondato all’unità inferiore, in quanto frazione inferiore allo 0,50, dà diritto a 1 giorno di permesso mensile.

3. Frazionabilità in ore dei permessi di cui all’articolo 33, commi 3 e 6, della legge n. 104/92 in caso di rapporto di lavoro part-time.
Il riproporzionamento orario dei giorni di permesso di cui all’articolo 33, comma 3, della legge n. 104/92 dovrà essere effettuato solo nel caso in cui il beneficio venga utilizzato, anche solo parzialmente, in ore.
In caso di rapporto di lavoro a tempo pieno, rimane confermata la
formula già indicata nel messaggio n. 16866 del 28/6/2007.
Si fornisce, di seguito, la formula di calcolo da utilizzare in caso di part-time (orizzontale, verticale o misto) ai fini della quantificazione del massimale orario mensile dei permessi:
orario part-time settimanale diviso gli equivalenti tre giorni lavorativi full-time, per gli ipotetici 3 giorni di permesso.

Esempio: Rapporto di lavoro part-time con orario di lavoro medio settimanale pari a 18 ore e una media di 3 giorni (o turni) lavorativi settimanali previsti per un lavoratore a tempo pieno dello stesso settore.
Applicando la formula sopra enunciata, il calcolo sarà il seguente:
(18/3) X 3=18 ore mensili.

4.Cumulo tra il congedo straordinario di cui all’articolo42, comma 5, del D.lgs n. 151/2001 ed i permessi di cui all’articolo 33 della legge n. 104/92 e all’art 33, comma 1, del D.lgs. n. 151/2001.
Come già evidenziato nella circolare n. 53/2008, è possibile cumulare nello stesso mese, purché in giornate diverse, i periodi di congedo straordinario ex art. 42, comma 5, del D.lgs n. 151/2001 con i permessi ex art. 33 della legge n. 104/92 ed ex art. 33, comma 1, del D.lgs. n. 151/2001 (3 giorni di permesso mensili, prolungamento del congedo parentale e ore di riposo alternative al prolungamento del congedo parentale).
Si precisa, al riguardo, che i periodi di congedo straordinario possono essere cumulati con i permessi previsti dall’articolo 33 della legge n. 104/92 senza necessità di ripresa dell’attività lavorativa tra la fruizione delle due tipologie di benefici.
Quanto sopra può accadere anche a capienza di mesi interi e indipendentemente dalla durata del congedo straordinario.
La fruizione dei benefici dei tre giorni di permesso mensili, del prolungamento del congedo parentale e delle ore di riposo alternative al prolungamento del congedo parentale stesso deve, invece, intendersi alternativa e non cumulativa nell’arco del mese.

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ECM E PENALITA' PREVISTO DAL NUOVO CCNL COMPARTO SANITA' 21.5.18

IL NUOVO CCNL PREVEDE PENALITÀ NEI CONFRONTI DEGLI OPERATORI SANITARI che Senza Giustificato Motivo Non Partecipi alla Formazione Continua e non Acquisisca i Crediti formativi Previsti nel Triennio, non potrà partecipare per il triennio successivo alle selezioni interne a qualsiasi titolo previste.
(fasce retributive ; incentivi, Selezioni Interne Come Coordinatore ed ex Posizione Organizzativa).

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Compatibili indennità e riposi di maternità

(Corte di Cassazione - sezione Lavoro - sentenza n. 22177 del 12 settembre 2018)
Un padre può fruire dei riposi giornalieri per maternità seppure la moglie, lavoratrice autonoma, stia contemporaneamente beneficiando del trattamento economico derivante dalla nascita del figlio. Con la sentenza 22177/2018 depositata ieri, la Corte di cassazione ha respinto la tesi dell’Inps secondo cui la fruizione dei riposi da parte del padre lavoratore dipendente (2 ore al giorno nel caso di orario di almeno 6 ore) sarebbe alternativa all’indennità per la madre, così come è previsto quando quest’ultima è una lavoratrice dipendente.
La Suprema Corte sottolinea che l’articolo 40 del Dlgs 151/2001 stabilisce espressamente la possibilità per il padre di utilizzare i permessi «nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente». A sua volta quest’ultima può rientrare al lavoro in ogni momento dopo il parto, anche mentre beneficia dell’indennità. Dunque non c’è il requisito dell’alternatività tra riposi e trattamento economico.
Di conseguenza, dato che entrambi i genitori possono lavorare dopo la nascita del figlio, «risulta maggiormente funzionale affidare agli stessi genitori la facoltà di organizzarsi nel godimento dei...benefici previsti dalla legge per una gestione familiare e lavorativa meglio rispondente alle esigenze di tutela del complessivo assetto di interessi perseguito dalla normativa.

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INPS: domanda online di riposi per allattamento e maternità dello Stato

L’INPS comunica il rilascio di due importanti servizi, la domanda online di riposi per allattamento e di maternità dello Stato. L’Istituto Previdenziale è impegnato da tempo nel processo di digitalizzazione di tutti i servizi resi nei confronti di cittadini e imprese.
Con il messaggio in oggetto si comunica quindi che sono resi disponibili i due nuovi servizi per la presentazione online delle domande di permessi giornalieri per allattamento e di assegno di maternità a carico dello Stato; domande che fino ad oggi potevano essere presentate solo in modalità cartacea.
E’ stata quindi aggiornata la procedura telematica delle domande di maternità, già disponibile per i cittadini, i patronati e per il Contact Center integrato. Nella procedura è stata cioè implementata la nuova funzione di acquisizione delle domande di permessi per allattamento nonché per le domande di assegno di maternità di Stato.
Riposi per allattamento INPS
I riposi per allattamento INPS sono ore di permesso concesse alla madre oppure al padre a determinate condizioni pagate dall’INPS tramite i datori di lavoro. I riposi giornalieri per allattamento sono riconosciuti in caso di parto, adozione e/o affidamento durante il primo anno di vita del bambino o dall’ingresso in famiglia del minore adottato/affidato.
Sono riconosciuti al padre lavoratore dipendente per le seguenti situazioni:
 morte o grave infermità della madre;
 abbandono del figlio da parte della madre;
 affidamento esclusivo del figlio al padre richiedente;
 madre lavoratrice che non ha diritto ai riposi (lavoratrice parasubordinata, autonoma, libera professionista, a domicilio, domestica);
 madre casalinga;
 rinuncia della madre, nel caso in cui sia lavoratrice dipendente.
I riposi consistono in:
 due ore di riposo giornaliere, per orario di lavoro a tempo pieno ovvero pari o superiore alle sei ore giornaliere;
 un’ora di riposo al giorno, per part-time con orario inferiore alle sei ore giornaliere.

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